Il ritrovarci sabato 26 giugno a Sottocastello, dove erano presenti sindaci, comunità montane e portatori d'interesse della Montagna, spero faccia riflettere chi di dovere sulla tutela delle terre alte in Veneto. L’ho detto in molte occasioni e non ho paura di ripeterlo, perché è un’idea da cui dobbiamo partire: la montagna non è il giardino della pianura né il suo luogo di vacanza. Non siamo quelli da sfruttare un mese all’anno, lasciandoci i costi e il compito di tenere a posto ciò che altri godono.
Queste montagne, che sono prima di tutto di chi le abita con quotidiani atti di eroismo (perché di questo si tratta spesso), ci chiedono di essere noi in prima linea a delinearne il futuro. Noi sindaci ed attori delle terre alte, che ci siamo ritrovati sotto la diga di Sottocastello, simbolo come altre dello sfruttamento della montagna e delle sue potenzialità, dobbiamo smetterla di accettare come inevitabile uno sfruttamento delle nostre risorse che inevitabilmente ci “regala” ad esempio frane, dissesti idrogeologici, disastri ambientali per sanare i quali poi nessuno ci trasferisce le risorse sufficienti. Smettiamola di lasciare che altri scrivano il futuro della montagna, dagli imprenditori alla politica, dalle società fornitrici di energia a coloro che su queste cime e su questo patrimonio ambientale hanno idea di fare affari.
Noi abitanti e amministratori delle terre alte dobbiamo avere la responsabilità in un certo senso “sovversiva” (ma più giustamente “reattiva”) di arrivare in maniera unitaria a Venezia quando si deciderà nelle sedi regionali del destino della montagna. Non c’è più spazio per farci imporre delle scelte che per forza di cose non sentiremo mai come nostre anche se in parte potremo condividerle, e parlo di decisioni sulla specificità della montagna, ma anche sulle politiche energetiche, sulla sopravvivenza dei piccoli comuni o delle comunità montane che però per forza vanno riformate perché anche nell’opinione della gente siano essenziali.
E’ inutile che noi sindaci, giovani e meno giovani, amministriamo un territorio che al momento di decidere non è in grado di arrivare ad una comune opinione sulla propria governance. Dobbiamo contare di più all'esterno dei nostri confini provinciali, e quindi a Venezia, dove con il federalismo si concentreranno le scelte di politica territoriale: se in Regione arriveremo con un unico progetto per la Montagna, saremo ascoltati, altrimenti continueremo ad essere il giardino della pianura sobbarcandoci un mese all’anno di onori, e gli altri 11 di oneri che a breve non saremo più in grado di affrontare. (LUCA DE CARLO)