lunedì 18 febbraio 2013

FOIBE, ALTRI DUE APPUNTAMENTI A CALALZO PER NON DIMENTICARE


Calalzo continua a ricordare i martiri delle foibe, trasmettendone la memoria anche alle più giovani generazioni. Domani, martedì 19 febbraio, e mercoledì 20 si svolgeranno due eventi a partecipazione libera, che tratteranno il dramma del confine orientale d’Italia e delle vittime del criminale Tito. Domani alle ore 11, presso il Teatro San Giorgio di Domegge, in collaborazione con l’Istituto Comprensivo ed il Comune di Domegge si svolgerà la rappresentazione teatrale “Il sentiero del padre. Viaggio tra i segreti delle foibe carsiche”, scritto e interpretato da Davide Giandrini per la regia di Franco Palmieri. Lo spettacolo è dedicato agli studenti ma è aperto liberamente a tutta la cittadinanza.
Il protagonista della storia, Francesco, è un bambino di 10 anni nato a Pola, in Italia, nel 1936 da mamma Maria e papà Gianni  Tra il 1945 e il 1947 Pola è occupata dagli slavi, che rapinano, violentano e infoibano gli italiani senza che lo Stato intervenga. Molti hanno deciso di scappare, ma Maria no. Gianni e il piccolo Francesco fuggono quindi nella notte; con sé non hanno nulla. Camminano per 7 giorni per salvarsi.
Mercoledì sera, alle 20.30, la sala consiliare del municipio sarà ufficialmente intitolata a Norma Cossetto, la studentessa violentata e uccisa dalle milizie titine a 23 anni nel 1943. Alla serata, in collaborazione con la Lega Italiana delegazione di Belluno, interverrà oltre al sindaco Luca De Carlo lo studioso, accademico e giornalista Guido Rumici, autore di numerosissime pubblicazioni sui massacri titini e in particolare di “Infoibati” (2002) con cui ricostruisce su fonti documentali nomi, luoghi e vittime della follia slava. “Quando si parla di foibe – ha scritto Rumici -, si tende a generalizzare il fenomeno. Un fenomeno che può essere invece distinto in tre fasi. Ci furono i fucilati. Ci furono i deportati in campi di concentramento, dove rimasero anche a lungo, morendo di stenti, sevizie, malattie. Infine ci furono gli infoibati. Questi ultimi in linea di massima venivano spintonati a calci e pugni fino all'orlo della cavità. Avevano i polsi legati col fil di ferro. Spesso erano messi a due a due. Così si sparava al primo, che precipitava nella foiba, portandosi appresso quello vivo. La foiba era fonda decine, anche centinaia di metri. Potevano morire, i vivi, dopo lunga agonia. Testimonianze riferiscono di urla, di strazianti richieste di aiuto che arrivavano dal ventre della terra anche uno, due giorni dopo gli eccidi”. L’ingresso alla serata è ovviamente libero, auspicando la partecipazione dell’intera cittadinanza come momento di memoria comunitario.